giovedì 6 gennaio 2011

Master in giornalismo

Non ce l'ho fatta, ho avuto la necessità di andarmi a cercare in rete il video della trasmissione di Alfonso Signorini in cui interviene telefonicamente (vai, è nova...) Berlusconi dilettandosi con le solite storielle sui comunisti. Ecco, non aspettandomi chissà cosa, giuro che non avrei mai immaginato di trovarmi di fronte ad una cosa del genere.

Referendum FIAT, le caselle da barrare sono: "la borsa" o "la vita".

Marchionne sostiene che se gli operai di Mirafiori votano sì al referendum significa che sono favorevoli all’accordo Fiat, dato che nessuno li obbliga a votare a favore. Io penso che dovremmo costituire una delegazione di volontari. Cento di quelli che hanno votato Rutelli Sindaco di Roma vengano con me da Marchionne a dirgli due paroline. L’accordo di Mirafiori è una tale fregatura che quando Bonanni ha deciso di firmare gli è stata recapitata a casa un’encicopedia in 24 volumi da pagare a rate. Il testo lede i diritti dei lavoratori: è così incostituzionale che nella bibliografia viene citato Ghedini. Alcuni esponenti del Pd ritengono però che ci sia anche una parte buona: prevede gli straordinari obbligatori, ma non le primarie. Il referendum proposto dalla Fiat agli operai è così ricattatorio che sulle caselle da barrare non c’è scritto «sì» e «no» ma «la borsa» e «la vita». Marchionne, del resto, non è incline al confronto. Per lanciare in borsa il doppio titolo Fiat, si è presentato a Piazza Affari con una ruspa. Sentivo che prima o poi sarebbe arrivato qualcuno troppo arrogante per accontentarsi del suv. Ha giudicato «ridicola» la richiesta della Fiom di conoscere i dettagli dell’accordo, come il commesso di un negozio di scarpe che ride in faccia al cliente che chiede di provarne un paio (incredibile come questi commessi si montino la testa appena gli moltiplichi per 500 lo stipendio). Toccherebbe al Governo chiedere di conoscere i dettagli del piano di investimento, dato che la Fiat ha campato per una vita grazie agli incentivi statali, ma il governo se ne guarda bene. Lo stesso Governo che tuona contro i figli che si comprano la droga con la paghetta. Tra i miei coetanei, il commento più diffuso è: «Almeno loro avranno la pensione». Perché prima o poi bisognerà riaprire il dibattito sulla precarietà dei precari. Tipo: una volta si veniva pagati a tre mesi, ora nella prossima vita. Se il tuo ultimo bonifico è in sesterzi, significa che nel 30 avanti cristo eri un consulente.

Francesca Fornario, l'Unità, 4 gennaio 2011.

Causa vera della degenerazione sono gli uomini, non gli schemi politici

Di Maurizio Viroli - www.laterza.it

Il sistema rappresentativo – parlamentare, ci hanno insegnato i suoi sostenitori, è preferibile alla democrazia diretta, ai sistemi monocratici (monarchie, principati, imperi, regimi totalitari), e alle oligarchie perché è più atto a produrre buone deliberazioni, vale a dire decisioni sovrane che sostengono l'interesse generale anziché quello del demos, di uno o di pochi.

Questo è vero se la maggioranza dell'assemblea rappresentativa è composta da persone che, pur non essendo sante, non si sono abbassate al rango di servi. In caso contrario il sistema rappresentativo parlamentare non è migliore del governo monocratico o oligarchico. Anzi, rispetto a una monarchia ha lo svantaggio, come osservava il cinico Hobbes, di essere più costoso per i poveri sudditi: il monarca ha bisogno di corrompere un numero tutto sommato tollerabile di favoriti; ogni parlamentare ha bisogno di corrompere con svariati favori un numero assai elevato di elettori e sostenitori. Un Cesare vero e proprio, come osserva Luciano Canfora, diventa allora una possibilità concreta e ragionevole. Non sarebbe neppure la prima volta. L'affermazione del regime di Mussolini fu resa possibile, è noto, da una lunga degenerazione del sistema rappresentativo-parlamentare.

Con la pratica dell'acquisto dei parlamentari al fine di rafforzare la propria maggioranza, il presidente del Consiglio si è del resto già posto fuori e contro la Costituzione. Lui, e non i parlamentari che sono usciti dalla maggioranza, si è reso colpevole di tradimento. La Costituzione afferma infatti a chiare lettere che i parlamentari rappresentano la nazione senza vincolo di mandato. Che cos'è il cambiare casacca in cambio di qualche beneficio se non accettare un mandato implicito ma imperativo più di qualsiasi ordine?

Non credo tuttavia che la causa del male sia il fatto che ha preso piede nella società politico-giornalistica il mito del bipolarismo. L'infatuazione per il bipolarismo è a mio giudizio il frutto di un deprecabile provincialismo ('facciamo anche noi come gli altri') o il furbesco tentativo di legittimare il potere enorme di Berlusconi ('è pessimo, ma almeno è un polo; l'altro verrà e saremo a posto'). Essa dimostra inoltre una superficiale conoscenza della storia e della società italiane, da sempre caratterizzate dalla presenza di una varietà di forze politiche e culturali che non possono essere racchiuse entro uno schema politico bipolare. Per giungere al bipolarismo sono state messe ai margini importanti tradizioni politiche, mentre altre sono state diluite al punto da diventare irriconoscibili; con la conseguenza che chi credeva in quelle idee si è allontanato dalla politica lasciando campo aperto a chi persegue soltanto il proprio interesse ed è quindi disposto a vendersi.

Ma causa vera della degenerazione sono gli uomini, non gli schemi politici. Scriveva Bagehot che "gli uomini del Massachusetts potrebbero far funzionare qualsiasi Costituzione". L'attuale classe politica italiana farebbe funzionare male anche il miglior sistema politico e la migliore Costituzione quale è appunto la nostra. Se poi ad una scadente classe politica aggiungiamo la presenza di un uomo che detiene un potere enorme e i molti pronti a vendersi nella generale indifferenza o acquiescenza, il futuro del sistema rappresentativo è irrimediabilmente compromesso.

mercoledì 5 gennaio 2011

Contrordine, compagni!

Berlusconi: "Brasile amico, i rapporti non cambieranno". Ma La Russa non aveva detto che spezzeremo le reni al Brasile?

martedì 4 gennaio 2011

Feticisti di Silvio

Ancora un’assenza ingiustificata da parte del PDL di Monsummano in consiglio comunale, ed ancora una volta in occasione del bilancio di previsione.

Il 30 marzo 2010, in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione, erano fuori dell’aula consiliare perché avevano abbandonato la stessa per motivi futili e pretestuosi relativi però ad un precedente punto all’ordine del giorno; e, per evitare la brutta figura che inevitabilmente rimedia chi del bilancio ha letto solo la copertina, convenirono di rimanere fuori insieme ai colleghi della lista civica.

Anche per il bilancio 2011 la storia si è ripetuta, seguendo più o meno lo stesso canovaccio. Impossibilitati ad uscire dall’aula per mancanza di pretesti, si sono dovuti sorbire la mia lunga prolusione di 45 minuti, nella quale oltre a parlare del bilancio, mi rivolgevo direttamente all’opposizione non certo perché votasse a favore del bilancio (ci mancherebbe!) ma affinché prendesse quantomeno coscienza della situazione attuale, e della difficoltà di riuscire a garantire i servizi del passato con riduzioni di trasferimenti ingenti come quelle imposteci dalla manovra governativa.

Chiedevo insomma un po’ di responsabilità, anche se solo a parole. Per tutta risposta, dopo aver bollato il bilancio presentato come falso ed irregolare, il capogruppo PDL Perone si è lanciata (deragliando fuori tema) in una difesa a spada tratta di Berlusconi e del suo Governo, farneticando di pace sociale e di altre fandonie proprie non di un rappresentante politico (che legittimamente sostiene la sua “parte”), ma di un feticista del berlusconismo più spinto.